A un passo dal cielo: Inter – Manchester City 0-1

La premessa (doverosa): in 68 ani l'Inter è riuscita sei volte a giocare una finale di Champions League, una ogni 10,3 anni. Ma terminato il periodo Moratti - Herrera, dal '72 ad oggi, in 51 anni, abbiamo giocato due finale - una volta ogni 25 - vincendone una e perdendo l'altro. Questo semplice pro memoria è il punto di partenza che, se non basta a mitigare la delusione, ci fa comunque rivalutare la grandezza dell'impresa compiuta, tanto più in un calcio profondamente cambiato, nel quale altrove si fanno investimenti annuali di centinaia di miliardi e, se non bastasse, con alcune delle rivali più ricche (Juventus, Barcellona, lo stesso City), che hanno fatto ricorso a comportamenti finiti sotto il tiro della giustizia sportiva e non solo. È il punto di partenza del racconto di un finale di stagione esaltante e poi di una finale di Champions League che abbiamo affrontato da sfavoriti, perché la potenza economica delle due squadre non è paragonabile e questo non poteva non influire sulla loro potenzialità soprattutto a livello di organico esteso. Però poi abbiamo finalmente giocato la partita e se è vero che noi umani olitamente chiamiamo fortuna o sfortuna le nostre e le altrui imprecisioni e quindi loro in un'occasione sono stati più precisi, è innegabile che sul piano dell'organizzazione del gioco ci siamo espressi almeno alla pari. Nel post si propone una analisi della partita e di come sia noi che il nostro avversario, il City di Guardiola, abbiano affrontato la finale. Non manca però una ampia parte dedicata a considerazioni sulle prospettive future con il tentativo di dare risposte a domande fondamentali. Lavorare per il futuro o provare a restare competitivi? Che giudizio diamo sulla proprietà, su Marotta, su Ausilio? Nelle nostre condizioni, meglio puntare sulla competitività in campionato o su un bis di un grande percorso in Europa? Inzaghi ha meritato la conferma, ma in ogni caso, meglio una tipologia di allenatore come Conte/Allegri o come Inzaghi/Klopp? La sensazione finale è che possiamo fidarci e sentirci tranquilli principalmente se rimarrà questa dirigenza che ha sempre, finora (certo, qualche sbaglio è sempre da mettere in conto), estrarre dal cappello il coniglio giusto.

La paura fa solo 93: Lecce – Inter 1-2

Avessimo pareggiato la partita con il Lecce non sarebbe stato un dramma "aritmetico", ma i tre punti ci consentono di attenuare le preoccupazioni che lo svolgimento del match ha evidenziato. Contro un avversario non irresistibile di positivo c'è da registrare soprattutto il risultato: vincere partite così estreme è fondamentale per aspirare allo scudo. Nel complesso non si può dire che abbiamo fatto male, ma abbiamo mostrato le stesse pecche che ci sono costate il "titulo" nella scorsa stagione. La principale: quando noi riusciamo a uguagliare o meglio superare l'intensità, il ritmo e il pressing degli avversari, allora emerge l'ottima qualità di parecchi nostri giocatori. Ma non riusciamo a tenere concentrazione e intensità per tutta la partita e quando abbassiamo il ritmo, la differenza diventa troppo netta e anche un Lecce orgoglioso ci mette in difficoltà. Siamo partiti benissimo, poi abbiamo volutamente abbassato i ritmi e questa è una cosa che non sappiamo fare. Poi abbiamo prodotto un forcing disperato, tornando a dominare l'avversario e in extremis siamo riusciti a rimontare e portare a casa la vittoria. C'è troppa differenza tra le fasi in cui spingiamo al massimo e quelle in cui decidiamo di gestire e quando attacchiamo contro difese schierate facciamo abbastanza fatica perché non abbiamo giocatori che saltino l'uomo: dobbiamo necessariamente cercare la manocra insistita, per trovare l'appoggio su un esterno e sfruttare il suo cross in area infittendola di giocatori. Registriamo comunque che il gruppo caratterialmente c'è e anche tecnicamente nel suo insieme, così come l'atteggiamento dell'allenatore. Simone Inzaghi deve trovare il migliore equilibrio possibile ma ha dimostrato di volere a tutti i costi la vittoria, rischiando il tutto per tutto. Ovviamente non potrà andare sempre così e urge un riallineamento della squadra. L'atteggiamento a schiena dritta nelle interviste (pretende la conferma dell'organico e l'arrivo di un difensore) è sicuramente positivo. Bravo.

Una partita “divisiva”: Atalanta – Inter 0-0

Il pareggio con l'Atalanta conferma le impressioni che abbiamo sempre avuto sulla squadra. Siamo in presenza di un gruppo forte, ben guidato, che può competere con tutti, ma che non può oggettivamente venir considerato superiore a altre tre o quattro squadre. Nelle ultime nove partite abbiamo ottenuto 25 punti su 27. Otto vittorie e un pareggio su un campo difficilissimo. Ma nove partite sono un quarto del totale e su frazioni simili altre squadre in altri periodi hanno ottenuto risultati analoghi. Non siamo predestinati a vincere il campionato, altre squadre potranno realizzare simili filotti: alla fine deciderà il rendimento medio tenuto in tutto l'arco della stagione. In questo senso, aver pareggiato a Bergamo è un risultato tranquillizante: abbiamo lasciato la Dea a otto punti e il Milan è rimasto sostanzialmente lì con noi, punto più punto meno. Tutto è aperto quindi. Alcune squadre si sono già rafforzate per il girone di ritorno e noi abbiamo avuto e avremo più impegni di Milan e Napoli. Il giudizio sulla nostra stagione resta in ogni caso fino a questo momento positivo. In particolare voto positivo all'allenatore Simone Inzaghi che in tre partite cruciali in una settimana, fa quattro punti in campionato e vince la Supercoppa. Di più era quasi impossibile.

La situazione attuale (un tentativo di “leggere” il nostro momento con equilibrio)

A pochi giorni dall'inizio del campionato, facciamo il punto sulla situazione attuale dell'Inter, provando a leggere il momento della nostra squadra attraverso una analisi equilibrata e con un minimo fondamento. Lo facciamo con una ricostruzione storica e concentrando in particolare l'attenzione sui due anni della gestione di Luciano Spalletti e poi sulle premesse e l'andamento di questa sessione di mercato estiva e del pre-campionato. Al momento non c'è certezza che in termini di puro organico ci si sia rafforzati. Molto dipenderà dalla cessione di Icardi, il vero salto di qualità ci sarà solo se arrivassero da qui alla fine del mercato due fuoriclasse a centrocampo e in attacco. Aspettiamo, adottando in ogni caso come tifosi nerazzurri i motti Fiducia (dal ragionamento) e Speranza (dalla passione).