La classifica è molto corta e dunque nessun risultato oggi può essere considerato decisivo. Ma il prossimo derby, al di là della classifica, è anche un confronto tra due scuole di pensiero e due modi di intendere il calcio. Chiaramente il confronto non chiarirà nulla sulla questione “teorica”, né chi lo perderà, abdicherà alle proprie idee. La partita non dirà se è meglio il calcio di Allegri o quello di Chivu, ma solo se gli uomini messi in campo dai due tecnici, nelle condizioni di quel giorno, saranno idonei a tradurre al meglio nel confronto reale, le indicazioni di gioco dei loro allenatori. In altre parole se - in quel match - una squadra, con la sua tipologia di gioco, sarà più forte dell'altra. Con tutte le varianti del caso: per esempio un errore arbitrale o una deviazione fortuita che cambiano l'indirizzo del match. Nel contenuto del post, dall’Inter dei due scudetti del dottor Foni negli anni cinquanta fino all’ultima Inter di Inzaghi, si porta avanti un vero e proprio racconto su come nel corso degli anni, la nostra squadra abbia raggiunto i suoi più importanti successi e di come questi siano arrivati sempre dedicando una particolare attenzione alla fase difensiva. Ma pure di come di volta in volta, nel corso degli anni, il gioco del calcio sia cambiato, fino ad arrivare ai giorni nostri, al passato più recente e all’arrivo all’Inter di Simone Inzaghi, che forse ha ottenuto qualche risultato in meno rispetto a quelli teoricamente possibili, ma che ha saputo coniugare risultati e spettacolo. Il calcio di oggi è cambiato radicalmente e certi parametri di lettura sono superati. Non esiste squadra che quando deve difendersi da un attacco manovrato e avvolgente non porti tutti gli uomini sotto la linea della palla o comunque nella propria metà campo. Non esiste squadra che quando porta un attacco manovrato non sposti la linea difensiva all'altezza della linea mediana. La squadra deve essere sempre corta: questo è l'imperativo. Ma la squadra corta può comportare anche che siano più uomini, rispetto alla divisione dei ruoli del passato, a trasformarsi provvisoriamente in attaccanti. Che Inter vedremo nel derby? Il mister ha ricostruito moralmente la squadra e sta cercando di apportare le sue varianti rispetto a quello che era il gioco di Inzaghi. Punta ad arricchire gli schemi offensivi e incrementare la verticalizzazione. Sul primo punto il mancato arrivo di Lookman lo ha costretto a rivedere i suoi piani; per quello che riguarda l’altro aspetto è necessario pressare alti, stroncare sul nascere i tentativi di ripartenza, provocare errori letali dei difensori avversari o comunque tenerli sempre sotto pressione. Tutte soluzioni che hanno dei pro e dei contro e che rendono necessario trovare stabilmente un “equilibrio”, unitamente a un rafforzamento della capacità difensiva quando siamo sotto assedio. Sono questi i punti principali su cui si concentra il suo lavoro e gli aspetti che ci riguardano in vista del prossimo, pericoloso, derby di domenica sera.
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Dalla storia alla leggenda: Inter – Barcellona 4-3
Se a Barcellona Inzaghi e i suoi ragazzi avevano scritto un'avvincete pagina di storia, nel ritorno a San Siro hanno sciorinato una prestazione che li colloca di diritto nella leggenda del calcio. Inter - Barcellona, e il conseguente approdo alla seconda finale in tre anni, apparterrà per sempre al libro in cui vengono raccolte le rarissime leggende incancellabili del calcio, sullo stesso livello di Italia - Germania 4-3, per intenderci. Le due partite di ritorno con Bayern e Barcellona dimostrano l'enorme forza di questo gruppo, vero propellente per le imprese della squadra. Psicologicamente passare da 2-0 a 2-3 sarebbe stata una mazzata decisiva per qualunque squadra che non avesse la nostra forza morale (quella fisica orami era in calo). Ebbene, un nostro quinto ha compiuto un'azione irresistibile, dopo oltre 100 di gara tiratissima e l'ha messa in mezzo dove un trentasettenne difensore centrale, con il cuore e i polmoni di un leone, si è fatto 80 metri di campo per trovarsi all'appuntamento con il gol bruciando sul tempo chi lo marcava e segnando un gol da grande puntero con il piede... sbagliato. Ma non basta: nel recupero il nostro Thuram, ormai quasi claudicante, ha trovato la forza di farsi largo, difendere palla tra tre avversari e servire in un fazzoletto Taremi. L'iraniano a sua volta ha avuto la lucidità di girarla per Frattesi che intelligentemente si è staccato dalla marcatura, ha ritardato il tiro mandando fuori tempo gli avversari e ha segnato il gol della vittoria clamorosa. Questo gruppo ha grande orgoglio, forza morale ed è un gruppo incredibilmente compatto, dal portiere all’ultimo entrato. Tutti insieme, soffrendo come è inevitabile contro due delle squadre più forti del mondo, sono stati capaci di andare a prendersi la qualificazione all'ultimo respiro sia con i tedeschi sia con i catalani. E che “all'ultimo respiro” non sia un modo di dire lo dimostra il malore che ha colpito Frattesi dopo la segnatura. Le ultime nostre partite in Champions hanno rappresentato uno spot per il calcio. Milioni di ragazzini nel mondo, dopo aver visto queste pagine di calcio emozionante, diventeranno tifosi o almeno simpatizzanti nerazzurri.
Arrivederci, scudetto: Inter – Roma 0-1
Che non fosse la nostra annata, almeno per lo scudo, lo si era capito sin dalle prime giornate, con una difesa colabrodo e con i punti buttati un po' ovunque, a cominciare da Genova, proprio nella giornata d'esordio. La forza oggettiva della squadra, quando ha tutti gli uomini e i migliori sono in condizione, ci ha permesso di superare queste disavventure e riconquistare la testa della classifica. E ci ha fatto illudere, anche se non siamo mai caduti nella trappola incensatoria dei giornalisti prezzolati e interessati. La questione era semplicissima: il campionato italiano, piaccia o non piaccia, è diverso dagli altri. Tranne rarissime eccezioni, lo si vince lottando sino alla fine, in tutte le partite e quando si è sul filo del rasoio diventa determinante non avere buttato punti nei momenti in cui eri al meglio e stavi amministrando le gare. Genoa, Monza, Juve, Bologna, Napoli, Parma: troppe volte avevamo la partita in pugno e ci siamo fatti rimontare per cali di tensione (anche comprensibili visti gli impegni e la rosa, non è questo il punto)… Nel post il racconto della partita contro la Roma. La Roma del “difensivista bieco” Ranieri contro cui la diversità di condizione atletica è apparsa evidente: erano loro ad avere le energie per pressarci alti, i giallorossi schieravano persino due punte vere e un quinto offensivo come Soulé... Quindi considerazioni sulla composizione della nostra rosa attuale e anche in proiezione “futura”, fermo restando che adesso la priorità è concludere bene la stagione e in particolare cercare di fare bene in semifinale di Champions contro il Barcellona, detto che il campionato a questo punto appare essere definitivamente sfumato. Ci sono poi dei riferimenti di carattere storico cui guardare e da cui cercare di trarre degli insegnamenti, detto che la parabola di questa squadra – ci auguriamo che ovviamente il finale possa essere differente – ricorda quella dell’Inter di Helenio Herrera del 1966/1967. Allora avevamo condotto il campionato sempre in testa, dalla prima alla penultima giornata e avevamo dominato in Europa, dove ci restava solo l’ultimo step, sulla carta il più agevole, contro il Celtic Glasgow. Ma eravamo arrivati al momento decisivo della stagione con la squadra sfinita, incapace di battere un Napoli modesto a San Siro, alla penultima, e di segnare un solo gol a Mantova, contro i locali già retrocessi… La clamorosa flessione psico-fisica sarà poi confermata nella finale in Portogallo, contro il Celtic, aiutata anche lì dal fattore “assenze”: mancava infatti il “leader maximo” Luisito Suarez. Augurandoci che le cose possano andare diversamente, per il futuro ci viene ancora in soccorso il confronto con l’Inter di HH che perse tutto all’ultima giornata. Allora si decise di rifondare, vennero presi 10 giocatori nuovi, ma 10 giocatori in un colpo, per motivi finanziari, non potevano che essere mediocri. Si dovettero aspettare 5 anni per rivincere e fu comunque possibile solo grazie all'apporto dei leader storici: i difensori, Corso trasformato in regista, Mazzola e Boninsegna. Attenzione quindi a come bisognerà muoversi, consapevoli che per ovvie ragioni gli interventi importanti potranno essere pochi. Non potremo permetterci di sbagliare.
Vittoria importante, con due letture possibili: Roma – Inter 0-1
La partita con la Roma presentava tutta una serie di difficoltà importanti. L'avvio di campionato per noi non è stato sicuramente esaltante. Il numero insolitamente elevato di goal è fonte di apprensione: le responsabilità non sono da ricondursi esclusivamente al fatto che alcuni difensori che avevano concluso la stagione scorsa da dominatori, per quattro mesi in più siano crollati, facendo diventare la difesa un colabrodo. Pesano una questione di approccio alle gare e di conseguenza un problema di equilibri in campo che vengono a mancare. C'è poi il problema della preparazione estiva e quello dei tanti impegni e con quelli più importante che sollecitano il fisico dei giocatori in manieradeterminante. La prova dei nostri contro la Roma è stata tuttavia sul piano della mentalità, della compattezza, dello spirito di sacrificio, pari a quella della stagione d'oro e del resto solo così avremmo potuto portare via dall'Olimpico i tre punti. L'auspicio è che questa vittoria sofferta sia il punto di partenza che ci condurrà a una crescita continua sul piano prestazionale e dei risultati. Continua intanto il declino complessivo delle nostre giovanili. Praticamente si conferma a buoni livelli solo l'Under 16, che batte nettamente il Cagliari e e mantiene il primato in classifica. Pari per la Primavera a Lecce (ottava in classifica); l'Under 18, in vantaggio di tre goal aSassuolo si fa rimontare 3-3 ed è undicesima in classifica, a 12 punti dal Cesena capolista; l'Under 17 perde il derby con il Milan e si fa raggiungere in vetta alla classifica; l'Under 15 subisce un vero e proprio tracollo casalingo, subendo un 2-5 avvilente contro il Cagliari. Quel che più conta è che al momento non si intravedono tanti giocatori completi (cioè che uniscano tecnica, intelligenza calcistica e fisicità) che possano dare speranze di una rapida ascesa. Non si investe più e fatichiamo sia a formare ottimi giocatori, sia a prelevarli sul mercato. Investivamo, vincevamo molto, formavamo ottimi giocatori, anche se più per il mercato che per la prima squadra. Oggi è ufficialmente finita un'era: gli investimenti sono ridotti al minimo e i risultati (vittorie e formazione di ottimi professionisti), sono destinati a latitare. Almeno rispetto al recente passato, a cui avevamo fatto il palato.
I colori del cielo e della notte. Illuminata però da due stelle splendenti
La vittoria nel derby, portata a casa con la furiosa sete di gloria e le qualità di alcuni giocatori, comunque espresse dentro uno stile di gioco che le potenziano, più che con lo splendore delle condizioni atletiche, ci consegna matematicamente la vittoria dello scudetto della seconda stella. I numeri, ne parliamo all'interno del post, sono eloquenti in questo senso, ma rispetto ad altre recenti stagioni questi numeri sono stati resi possibili da un fatto davvero stupefacente, anche se in parte agevolato dalla sconfitta ai rigori in CL che ha alleggerito il peso numerico delle gare più stressanti. Come in tutte le stagioni, infatti, e per tutte le squadre, ci sono stati periodi di flessione, ma con la qualità tecniche e agonistiche, con il sacrificio del gruppo, con la guida anche tattica ma soprattutto psicologica del mister, in questi periodi abbiamo lasciato solo le briciole. La stagione non l'abbiamo costruita dando cinque goal al Milan, quattro goal alla Roma e all'Atalanta, tre al Napoli, ecc. Certo, quelle sono state dimostrazioni di forza importanti... Ma sono state determinanti vittorie come quella con il Verona, allo scadere, e poi le vittorie risicate di Empoli, Firenze, Bologna, con la Juventus, a Udine. In altre stagioni, infatti, in alcuni di questi match avremmo perso punti preziosi. È stata quindi una vittoria arrivata al termine della cavalcata di un autentico squadrone, che ha affrontato una annata senza mostrare punti deboli, né cedimenti, e che ormai ha riconquistato il riconoscimento di squadra che si colloca nello ristretto gruppo dell'élite mondiale. Una cavalcata impressionante, per i numeri che l'hanno contraddistinta, ma anche per la qualità del gioco con cui si è imposta. Aspettiamo ancora prima delle pagelle di fine stagione. Per ora dedichiamo il post alla vittoria nel derby, ottenuta al termine di una gara in cui il Milan ci ha fatto sicuramente soffrire, e diamo spazio nel post, anche se l'attenzione di tutti è giustamente concentrata sulla vittoria dello scudo, ai report sulle sfide delle giovanili di Under 19 (Inter - Cagliari), Under 15 (Inter - Milan) e Under 17 (Monza - Inter). Siamo Campioni d'Italia! Forza Inter! Amala!
L’Inter ha perso, l’Inter è forte: Atletico Madrid – Inter 5-3 d.c.r.
Una grande, generosa Inter non è bastata per superare il turno e proseguire un cammino che potenzialmente era alla sua portata, basti pensare che all'87' i nostri erano qualificati. Sono stati decisivi gli errori del match d'andata, dominato ma non sfruttato adeguatamente, i cambi a disposizione delle due squadre nel match di ritorno e, forse, la flessione di qualche giocatore importante. Usciamo dalla Champions con tanti rimpianti, contro una squadra che sul piano del gioco non è apparsa migliore della nostra, ma che ci ha messo seriamente in difficoltà. Difficoltà che sarebbero emerse per quanto ci riguarda anche più avanti, ove avessimo superato il turno. L'Atletico ha preparato una partita d'assalto con giocatori fisicamente forti (va da sé che a questi livelli sono anche bravi) e con due soli giocatori di fantasia ed estro, però entrambi o davanti (Griezmann) o in fascia (Lino). Per il resto, tutti combattenti a cominciare ovviamente da Witsel per finire con Morata... Al momento opportuno, inoltre, quando dovevano segnare e hanno visto che non ce la facevano, hanno messo forze fresche, ma soprattutto giocatori in avanti con caratteristiche diverse, molto più tecnici, molto più rapidi, molto più estrosi e all'87' hanno pareggiato i conti... A quel punto, quando dovevamo aumentare noi il tasso tecnico e di pericolosità, abbiamo solo potuto inserire Sanchez a giocare dietro la punta con Frattesi a sostegno più avanzato... La loro rosa è apparsa quindi più completa, potendo puntare sulla forza e sulla potenza di nove elemento e al momento opportuno anche svoltare inserendo due-tre elementi tecnici e fantasiosi. Noi non avevamo questa chance, anzi a un certo punto abbiamo pure dovuto sostituire lo stremato Dimarco con un altro terzino. Avessimo giocato un mese fa (quando tutti sono al top e tutto funziona al meglio non ce n'è per nessuno) forse il risultato sarebbe stato diverso. Non è una consolazione ovviamente, c'è grande dispiacere per l'eliminazione, ma non siamo così lontani da ciò che vorremmo: siamo i migliori in Italia (salvo sbandamenti imprevedibili) e ci manca davvero poco per poter competere con l'Atletico e con tutti in Europa. Cerchiamo di guardare con fiducia al futuro.
Dimensione europea: Inter – Atletico Madrid 1-0
Nulla viene conseguito in modo definitivo: per esempio, nel deprecabile caso si uscisse dalla Champions nel ritorno di Madrid, la nuova dimensione europea raggiunta non verrebbe messa in discussione, ma una sconfitta netta, nelle proporzioni oltre che nel gioco, riaprirebbe il discorso. Ma che l'Inter abbia raggiunto una dimensione europea lo dicono le cifre: una finale europea giocata alla pari con il Manchester City, poi sette partite consecutive di Champions League senza una sconfitta e l'ultima di queste giocata contro una squadra spagnola (l'Atletico) abituata a stare al vertice e con una vittoria netta al di là del punteggio. Oggi l'Inter è una squadra che è in grado di alternare due tipologie di gioco: sa difendere e giocare in contropiede come praticare un calcio offensivo e spettacolare, mostrando grandi qualità e ottima gamba. Alterna le due tipologie di gioco e sa utilizzare entrambe al meglio. A San Siro abbiamo visto ancora una volta una grandissima Inter e il merito ancora una volta va dato a tutti: società, allenatore, giocatori. Sugli scudi (su tutti, perché sono stati tutti bravissimi): Bastoni; Barella, autore di una prestazione clamorosa, oggi è senza dubbio il miglior calciatore italiano e tra i migliori centrocampisti d'Europa; i subentrati Dumfries, Carlos Augusto, Frattesi. Menzione speciale per Arnautovic: sbaglia tre goal, ma poi realizza alla quarta occasione. Ci costringe se non altro a porci una domanda: "Non è che la sua presenza in area è estremamente pericolosa per la difesa avversaria?" Report sulla sfida Under 17 tra i nostri ragazzi e il Cittadella. Vinciamo due a uno con reti di Kukulis e Iddrissou e in classifica appaiamo il Monza al secondo posto e lasciamo alle spalle l'Atalanta. È stata una vittoria sofferta, tutto è finito bene, ma restano perplessità su questo gruppo, che non a caso ha dodici punti di distacco dal Milan. In campo tutti i cinque nuovi acquisti stranieri, i quattro di luglio e il centrale finlandese Kangasniemi, arrivato nel mercato di gennaio.
Vaneggiamenti di mezza estate (dalla prima squadra ai giovani)
In questo post facciamo il punto della situazione su quello che è successo nell'ultimo periodo, dopo la finale di Champions giocata contro il Manchester City. Sono successe molte cose, tanto per quello che riguarda la prima squadra, tanto per quello che riguarda il settore giovanile. Per quanto riguarda la prima squadra, ci sono state ben nove partenze a cui se ne dovrebbero aggiungere (forse) altre due. Siamo davanti a una mezza rivoluzione e davanti a una rosa ancora da completare, considerando due dubbi fondamentali: la perdita della spina dorsale della squadra (Onana-Brozovic-Dzeko) che significa che dovremmo vedere un'altra Inter, più di corsa, più verticalizzante, ma meno ragionatrice e con meno geometrie e aperture di gioco illuminanti; questa perdita di intelligenza tattica, come la mancanza di abitudine alle grandi sfide, sono carenze che potremmo pagare in particolare per quello che riguarda le competizioni europee. Ci sono poi ovviamente anche delle certezze: la qualità dei dirigenti, la crescita dell'allenatore e la sua maggiore autorevolezza, una situazione finanziaria che è leggermente migliorata. Tengono banco la questione Lukaku e in particolare sarà interessante capire se arriverà un sesto centrocampista e se sarà di un buon livello (ma qui probabilmente servirà una qualche intuizione geniale). Tante incognite anche per le giovanili, dove la rivoluzione è autentica e molto importante con conseguenze che non possiamo ancora valutare. Di Samaden abbiamo detto tutto: è un addio importante. Massimo Tarantino, il suo sostituto, ha davanti a sé un compito molto importante, quello di non farlo rimpiangere e di sostituirlo in maniera adeguata, ma pure quello di gestire un settore giovanile dove sembrano mancare investimenti in ogni direzione (anche sul piano delle strutture), mentre il livello tecnico e agonistico medio del calcio giovanile nel nostro paese sta crescendo in maniera considerevole. Le nostre difficoltà finanziarie ci hanno fatto perdere punti e questo è un tema che prima o poi bisognerà affrontare. In più c'è un auspicio, l'espressione di una speranza: che si lavori per accorciare le distanze tra settore giovanile e tifosi. Impossibile non dedicare spazio poi alla scomparsa di un grande campione, un grande di Spagna, cioè Luisito Suarez, scomparso lo scorso 9 luglio. Interista, milanesissimo, il suo acquisto, fortemente voluto da Helenio Herrera, da parte del presidentissimo Angelo Moratti ha proiettato la nostra Inter prepotentemente ai vertici del calcio europeo. Suarez ha fatto la storia di questo grandissimo club che da quel momento in poi è "obbligato" a onorarla e emularla. Ci piace pensare che Luisito dall'alto veglierà perché la sua squadra tenga fede alle attese di tutti.
A un passo dal cielo: Inter – Manchester City 0-1
La premessa (doverosa): in 68 ani l'Inter è riuscita sei volte a giocare una finale di Champions League, una ogni 10,3 anni. Ma terminato il periodo Moratti - Herrera, dal '72 ad oggi, in 51 anni, abbiamo giocato due finale - una volta ogni 25 - vincendone una e perdendo l'altro. Questo semplice pro memoria è il punto di partenza che, se non basta a mitigare la delusione, ci fa comunque rivalutare la grandezza dell'impresa compiuta, tanto più in un calcio profondamente cambiato, nel quale altrove si fanno investimenti annuali di centinaia di miliardi e, se non bastasse, con alcune delle rivali più ricche (Juventus, Barcellona, lo stesso City), che hanno fatto ricorso a comportamenti finiti sotto il tiro della giustizia sportiva e non solo. È il punto di partenza del racconto di un finale di stagione esaltante e poi di una finale di Champions League che abbiamo affrontato da sfavoriti, perché la potenza economica delle due squadre non è paragonabile e questo non poteva non influire sulla loro potenzialità soprattutto a livello di organico esteso. Però poi abbiamo finalmente giocato la partita e se è vero che noi umani olitamente chiamiamo fortuna o sfortuna le nostre e le altrui imprecisioni e quindi loro in un'occasione sono stati più precisi, è innegabile che sul piano dell'organizzazione del gioco ci siamo espressi almeno alla pari. Nel post si propone una analisi della partita e di come sia noi che il nostro avversario, il City di Guardiola, abbiano affrontato la finale. Non manca però una ampia parte dedicata a considerazioni sulle prospettive future con il tentativo di dare risposte a domande fondamentali. Lavorare per il futuro o provare a restare competitivi? Che giudizio diamo sulla proprietà, su Marotta, su Ausilio? Nelle nostre condizioni, meglio puntare sulla competitività in campionato o su un bis di un grande percorso in Europa? Inzaghi ha meritato la conferma, ma in ogni caso, meglio una tipologia di allenatore come Conte/Allegri o come Inzaghi/Klopp? La sensazione finale è che possiamo fidarci e sentirci tranquilli principalmente se rimarrà questa dirigenza che ha sempre, finora (certo, qualche sbaglio è sempre da mettere in conto), estrarre dal cappello il coniglio giusto.
Grazie Roberto Samaden: la fine di un’epoca storica
Chi segue questo blog lo sa benissimo: particolare attenzione, storicamente, è sempre stata dedicata al settore giovanile. Probabilmente (sicuramente) nessuno come Luciano Da Vite ha raccontato con passione e competenza sul web le vicende che hanno riguardato - e che riguardano - il nostro settore giovanile. È inevitabile, pertanto, che una notizia così importante, come la rinuncia di Roberto Samaden, storico dirigente del nostro settore giovanile ("il dirigente del settore giovanile italiano più prestigioso della storia"), che lascia la sua carica dopo tantissimi anni in società vissuti da professionista ma anche da interista, meriti tutta la nostra attenzione. Il post ci racconta "brevemente" (ma lo dico perché so che Luciano ci potrebbe raccontare tantissime altre cose su tutti questi anni che hanno visto il nome di Samaden abbinato ai nostri colori, l'excursus che lo ha portato, da allenatore negli esordienti sotto la guida del responsabile "Màgia" Mereghetti ("Magia" con l’accento sulla a perché in milanese significa "macchia" soprannome affibbiatogli quando giocava nell’Inter poi nell’Udinese e nell’Atalanta perché aveva una macchia di capelli già bianchi) al ruolo di dirigente responsabile delle giovanili. Dal giorno del suo insediamento, l'Inter è sempre stata la principale pretendente al titolo nazionale, in tutte le categorie giovanili. Sotto la guida di Robert Samaden le giovanili dell'Inter hanno disputato ben 22 finali scudetto, vincendone 16 (in più hanno vinto: una Next Generation europea, tre edizioni del Viareggio, una Coppa Italia Primavera, cinque Supercoppe). Non sappiamo chi gli succederà nel ruolo (probabile che si proceda per linee interne...) ma siamo davanti a quello che si prospetta come un cambiamento radicale che purtroppo non può prescinere dalla carenza di fondi oramai in atto da tempo. Nel post ne parliamo ampiamente oltre a dedicare spazio alla gara di campionato della prima squadra contro il Lecce e poi a tre partite delle giovanili: Inter - Lecce Primavera; Inter - Spal Under 16; Inter - Parma Under 18.









