Un’Inter da sballo. Riuscire a ripetersi farebbe la storia: Barcellona – Inter 3-3

Se guardiano alla Champions League, questa Inter è già passata alla storia. Quante squadre italiane, infatti, negli anni 2000, nella stessa competizione hanno pareggiato a Manchester col City, battuto l'Arsenal, eliminato tra gli altri il Monaco, il Lipsia, il Feyenoord e il Bayern ai quarti e pareggiato a Barcellona, segnando tre gol? Tutte e quattro le semifinaliste di Champions hanno fatto una stagione pazzesca e tutte quante hanno giocato tanto ma le cinquantasette partite di Bastoni (e di altri) pesano maggiormente non solo perché l'età media della rosa è più alta, ma perché il campionato italiano non è il più bello, ma è il più stressante. Ed è indubbio che le altre tre squadre abbiano un budget non confrontabile con il nostro, il che permette loro, per esempio, di sostituire Lewandowski con Ferran Torres, pagato 55 milioni, mentre noi abbiamo sostituito Lautaro con Taremi, parametro zero. Così non è un caso se tra i nostri, i giocatori che appaiono avere più gamba e freschezza siano quelli che hanno giocato di meno. Pretendere di più dalla partita di Barcellona per quanto concerne la fase offensiva è veramente difficile (abbiamo fatto loro tre goal, uno ci è stato annullato per un centimetro, al termine dell’azione più entusiasmante e abbiamo avuto altre occasioni), mentre ci sono stati dei problemi nella fase difensiva: nella marcatura del fenomeno Lamine Yamal; nelle responsabilità dei singoli in ciascuno dei loro tre goal (errori individuali); nel lasciare loro la possibilità di calciare da fuori. Se vogliamo avere qualche speranza, nella partita di ritorno, bisognerà cercare di evitare proprio queste situazioni, tenere la difesa più alta e cercare di palleggiare più a lungo (il dato del nostro possesso palla è il peggiore da quanto all’Inter c’è Inzaghi). La differenza tra le due squadre resta ed è notevole, dobbiamo esserne consapevoli e a San Siro dovremo sfruttare al massimo tutte le nostre armi, senza alcuna distrazione, se vogliamo avere delle possibilità.

A un passo dal cielo: Inter – Manchester City 0-1

La premessa (doverosa): in 68 ani l'Inter è riuscita sei volte a giocare una finale di Champions League, una ogni 10,3 anni. Ma terminato il periodo Moratti - Herrera, dal '72 ad oggi, in 51 anni, abbiamo giocato due finale - una volta ogni 25 - vincendone una e perdendo l'altro. Questo semplice pro memoria è il punto di partenza che, se non basta a mitigare la delusione, ci fa comunque rivalutare la grandezza dell'impresa compiuta, tanto più in un calcio profondamente cambiato, nel quale altrove si fanno investimenti annuali di centinaia di miliardi e, se non bastasse, con alcune delle rivali più ricche (Juventus, Barcellona, lo stesso City), che hanno fatto ricorso a comportamenti finiti sotto il tiro della giustizia sportiva e non solo. È il punto di partenza del racconto di un finale di stagione esaltante e poi di una finale di Champions League che abbiamo affrontato da sfavoriti, perché la potenza economica delle due squadre non è paragonabile e questo non poteva non influire sulla loro potenzialità soprattutto a livello di organico esteso. Però poi abbiamo finalmente giocato la partita e se è vero che noi umani olitamente chiamiamo fortuna o sfortuna le nostre e le altrui imprecisioni e quindi loro in un'occasione sono stati più precisi, è innegabile che sul piano dell'organizzazione del gioco ci siamo espressi almeno alla pari. Nel post si propone una analisi della partita e di come sia noi che il nostro avversario, il City di Guardiola, abbiano affrontato la finale. Non manca però una ampia parte dedicata a considerazioni sulle prospettive future con il tentativo di dare risposte a domande fondamentali. Lavorare per il futuro o provare a restare competitivi? Che giudizio diamo sulla proprietà, su Marotta, su Ausilio? Nelle nostre condizioni, meglio puntare sulla competitività in campionato o su un bis di un grande percorso in Europa? Inzaghi ha meritato la conferma, ma in ogni caso, meglio una tipologia di allenatore come Conte/Allegri o come Inzaghi/Klopp? La sensazione finale è che possiamo fidarci e sentirci tranquilli principalmente se rimarrà questa dirigenza che ha sempre, finora (certo, qualche sbaglio è sempre da mettere in conto), estrarre dal cappello il coniglio giusto.

Una questione di equilibrio: Sassuolo – Inter 1-2

Se esaminiamo in particolare le ultime tre partite, vi troviamo una costante che non può che farci preoccupare. Per almeno un tempo su due subiamo l'egemonia degli avversari, anche quando questi non sono di un livello importante. Nell'altro tempo ci riprendiamo e (tranne con Atalanta e Shakhtar che sono un po' più forti) arriviamo a vincerla. Il gap tra il periodo peggiore della gara e quello in cui riusciamo a esprimersi meglio è troppo netto: la velocità del gioco, i ritmi elevati e la frequenza di impegni ravvicinati, sono alla base di un’inevitabile differenza fra due livelli di una stessa prestazione, sia nel caso che una squadra inizi forte e poi rallenti, sia nella situazione opposta. Questa Inter è ancora alla ricerca di un equilibrio, quindi di una perfetta organizzazione di gioco ovvro il modo più efficace di stare in campo in rapporto ai tuoi mezzi tecnici e atletici. Il lavoro che Simone Inzaghi ha davanti a sé è ancora tanto e difficile, perché il materiale umano a sua disposizione ha dei limiti ed alcuni sono evidenti. Tanti gli errori individuali in una partita dove sono stati decisivi i quattro cambi operati dall'allenatore: un ispiratissimo Dzeko; la furia di Vidal che ha rivitalizzato il centrocampo; il grande impatto sulla gara di Darmian; la voglia di vincere di Dimarco. Bene il risultato finale, quindi, ma quadratura ancora da trovare.

Perché sono “contiano”

Perché siamo "contiani". Lo spiega Luciano Da Vite con questo post, alla vigilia di una probabile eliminazione in CL (anche se "spes ultima dea") e in un momento in cui la squadra sta rendendo al di sotto delle aspettative. Gli aspetti affrontati sono diversi: dalla scelta coraggiosa del mister di scegliere l'inter nonostanate il suo passato in bianconero alle discussioni che riguardano gli aspetti più critici. Il modulo, prediligere la fisicità e la grinta rispetto alla tecnica, la questione del mercato. In particolare si propone una analisi sulla sfida ultima di Champions League, la sconfitta casalinga contro il Real Madrid, che serve a individuare le criticità e che tipo di lavoro bisognerà fare per continuare a crescere. Conta il lavoro di lungo periodo e i risultati di quello. Il primo anno Conte ha fatto benissimo. Adesso siamo alla vigilia di una possibile eliminazione dalla CL e non abbiamo garanzie sul fatto che in campionato riusciremo a agganciare la vetta e lottare per il titolo. Ma abbiamo buoni motivi per ritenerlo possibile, se società, mister, squara e tifosi sosterranno compatti questo progetto almeno fino alla fine del campionato.

All’apparir del vero, tu, misera, cadesti: Inter – Sassuolo 3-3

Dopo Inter - Sampdoria avevamo scritto di sogni e di realtà. I sogni consistevano nella speranza di possedere già uno squadrone di primo livello e di poter competere subito per la vetta del campionato. La realtà (il "vero", presentatosi nella sua crudezza anche se non senza preavviso) era la consapevolezza della quantità rilevante di problemi che rende i sogni, dal punto di vista razionale, mere illusioni. Con la rosa attuale e con partite ogni tre giorni, non esiste purtroppo match nel quale partiamo favoriti, se non su di un piano puramente astratto e insignificante. Nel post sulla partita con il Sassuolo e in previsione del prosieguo della stagione, chiamiamo in causa anche il mercato, quello passato e quello futuro. In prospettiva abbiamo due necessità impellenti: giocatori di complemento più forti di quelli attuali, ma anche e soprattutto campioni veri, trascinatori, elementi autorevoli, uomini guida per riconoscimento dei compagni. Non ci resta che cercare di finire bene, dando tutto comunque e preparandoci al meglio per... la terza competizione, dopo aver visto sfumare i sogni di conquista delle prime due.