L’ottimismo o il realismo? Parma – Inter 2-2

La delusione molto forte potrebbe indurre a riflessioni troppo negative: in fondo siamo sempre primi in campionato (lo saremo anche se il Napoli vincerà la partita contro il Bologna), siamo il lotta per la finale di Coppa Italia e dobbiamo ancora giocarci la doppia partita con Bayern, unica tra le squadre italiane ancora in lizza in CL. Purtroppo questi risultati sono il prodotto di quanto fatto fino ad ora, in oltre otto mesi esaltanti per molti versi, mentre i segnali per il futuro sono quanto meno poco incoraggianti. Nelle ultime tre partite abbiamo ottenuto solo due pareggi e una vittoria, stentata, contro squadre forti ma non di primissima fascia, come Udinese, Milan e Parma. Eppure altri sono i fattori che suscitano preoccupazione, credo legittima, ben oltre i punti persi in sé. Sono le prestazioni, il susseguirsi di infortuni e la difficoltà di sopperire alle assenze, anche per il necessario turn over, schierando in campo diverse alternative ai titolari contemporaneamente. Il problema è il gap esistente, per molti ruoli, tra il titolare e il sostituto. Non si può avere ambizioni in Italia e in Europa senza fare, da anni ormai, un solo mercato sostanzioso. La realtà è che non possiamo permetterci di mettere in campo contemporaneamente 5-6 alternative ai titolari; non abbiamo alternative ai titolari credibili come attaccanti (eccetto Arnautovic, in parte); se gli attaccanti non hanno alternative credibili, dopo molti mesi, arrivano inevitabilmente a una condizione deficitaria. Pari modo, non si può essere ambiziosi neppure sul settore giovanile, lesinando sugli investimenti di mercato. In apparenza nel settore siamo messi bene: U20 e U18 dovrebbero arrivare tranquillamente alle fasi finali; U17 U16 e U15 sono prime nei rispettivi campionati. Ma a livello di singoli mi sembra siano pochi i giocatori 'completi' (fisico, tecnica, mentalità) che possono arrivare a grandi livelli, rispetto ad alcune nostre rivali: Milan, Atalanta, Roma e Juve prima di tutto, ma non solo. Anche in questo caso è una questione di investimenti sul mercato: la base calcistica, in tutte le categorie, è molto alta, ma mancano quegli innesti, soprattutto dall'estero, di giocatori 'destinati' a percorsi professionali di assoluto rilievo

A un passo dal cielo: Inter – Manchester City 0-1

La premessa (doverosa): in 68 ani l'Inter è riuscita sei volte a giocare una finale di Champions League, una ogni 10,3 anni. Ma terminato il periodo Moratti - Herrera, dal '72 ad oggi, in 51 anni, abbiamo giocato due finale - una volta ogni 25 - vincendone una e perdendo l'altro. Questo semplice pro memoria è il punto di partenza che, se non basta a mitigare la delusione, ci fa comunque rivalutare la grandezza dell'impresa compiuta, tanto più in un calcio profondamente cambiato, nel quale altrove si fanno investimenti annuali di centinaia di miliardi e, se non bastasse, con alcune delle rivali più ricche (Juventus, Barcellona, lo stesso City), che hanno fatto ricorso a comportamenti finiti sotto il tiro della giustizia sportiva e non solo. È il punto di partenza del racconto di un finale di stagione esaltante e poi di una finale di Champions League che abbiamo affrontato da sfavoriti, perché la potenza economica delle due squadre non è paragonabile e questo non poteva non influire sulla loro potenzialità soprattutto a livello di organico esteso. Però poi abbiamo finalmente giocato la partita e se è vero che noi umani olitamente chiamiamo fortuna o sfortuna le nostre e le altrui imprecisioni e quindi loro in un'occasione sono stati più precisi, è innegabile che sul piano dell'organizzazione del gioco ci siamo espressi almeno alla pari. Nel post si propone una analisi della partita e di come sia noi che il nostro avversario, il City di Guardiola, abbiano affrontato la finale. Non manca però una ampia parte dedicata a considerazioni sulle prospettive future con il tentativo di dare risposte a domande fondamentali. Lavorare per il futuro o provare a restare competitivi? Che giudizio diamo sulla proprietà, su Marotta, su Ausilio? Nelle nostre condizioni, meglio puntare sulla competitività in campionato o su un bis di un grande percorso in Europa? Inzaghi ha meritato la conferma, ma in ogni caso, meglio una tipologia di allenatore come Conte/Allegri o come Inzaghi/Klopp? La sensazione finale è che possiamo fidarci e sentirci tranquilli principalmente se rimarrà questa dirigenza che ha sempre, finora (certo, qualche sbaglio è sempre da mettere in conto), estrarre dal cappello il coniglio giusto.

La paura fa solo 93: Lecce – Inter 1-2

Avessimo pareggiato la partita con il Lecce non sarebbe stato un dramma "aritmetico", ma i tre punti ci consentono di attenuare le preoccupazioni che lo svolgimento del match ha evidenziato. Contro un avversario non irresistibile di positivo c'è da registrare soprattutto il risultato: vincere partite così estreme è fondamentale per aspirare allo scudo. Nel complesso non si può dire che abbiamo fatto male, ma abbiamo mostrato le stesse pecche che ci sono costate il "titulo" nella scorsa stagione. La principale: quando noi riusciamo a uguagliare o meglio superare l'intensità, il ritmo e il pressing degli avversari, allora emerge l'ottima qualità di parecchi nostri giocatori. Ma non riusciamo a tenere concentrazione e intensità per tutta la partita e quando abbassiamo il ritmo, la differenza diventa troppo netta e anche un Lecce orgoglioso ci mette in difficoltà. Siamo partiti benissimo, poi abbiamo volutamente abbassato i ritmi e questa è una cosa che non sappiamo fare. Poi abbiamo prodotto un forcing disperato, tornando a dominare l'avversario e in extremis siamo riusciti a rimontare e portare a casa la vittoria. C'è troppa differenza tra le fasi in cui spingiamo al massimo e quelle in cui decidiamo di gestire e quando attacchiamo contro difese schierate facciamo abbastanza fatica perché non abbiamo giocatori che saltino l'uomo: dobbiamo necessariamente cercare la manocra insistita, per trovare l'appoggio su un esterno e sfruttare il suo cross in area infittendola di giocatori. Registriamo comunque che il gruppo caratterialmente c'è e anche tecnicamente nel suo insieme, così come l'atteggiamento dell'allenatore. Simone Inzaghi deve trovare il migliore equilibrio possibile ma ha dimostrato di volere a tutti i costi la vittoria, rischiando il tutto per tutto. Ovviamente non potrà andare sempre così e urge un riallineamento della squadra. L'atteggiamento a schiena dritta nelle interviste (pretende la conferma dell'organico e l'arrivo di un difensore) è sicuramente positivo. Bravo.