Proviamo a capire come sarà la nuova Inter di Cristian Chivu. Lo facciamo partendo da considerazioni che riguardano l’idea di gioco che era dell’Inter di Simone Inzaghi e anche considerando quello che è stato il calciomercato fino a questo momento, e quelle che potranno le operazioni future in entrata - su tutte quella di Ademola Lookman, del resto è difficile pensare che l’Inter possa spendere 50 milioni per una riserva, né che si possa panchinare Lautaro o Thuram – e in uscita. Questo significa che nelle intenzioni della “squadra base” di Chivu ci potrebbero essere sempre in campo tre attaccanti. La scelta porterebbe a una serie di cambiamenti a catena, perché bisogna cambiare parecchio per fornire alla squadra la capacità di reggere tre attaccanti. In particolare servirebbe che almeno uno dei due centrocampisti sia fortissimo in fase di copertura (da qui l’interesse per giocatori come Mandela Keita e Morten Frendrup). Sicuramente viene prima l’idea di gioco e poi vengono i moduli ritenuti più efficaci per attuarla, anche in relazione alla disponibilità dei giocatori. Ci sarà un sistema base e le varianti saranno determinati dal momento e dalle situazioni. A Chivu serve qualità davanti e solidità dietro e in mezzo e davanti l’efficacia dovrà essere soprattutto nel “vedere” la porta più che nel drilling risolutivo. Il cambiamento rispetto al passato ci sarà, dunque, e sarà nettissimo e porterà ovviamente rischi ma anche possibilità, con la premessa della piena fiducia nelle scelte strategiche congiunte di dirigenza tecnica e allenatore (potranno essere sbagliate delle scelte singole, certo, ma la loro capacità di lettura dei fatti calcistici non è discutibile) e che non esiste un modulo (cosa diversa dal “sistema di gioco”, appunto) migliore di altri.
Tag: acquisti
I primi verdetti sono in arrivo
Dopo 24 partite di campionato, sette di Champions League, una di Coppa Italia e una di Supercoppa, abbiamo quelli che possiamo considerare come i primi "verdetti" stagionali. In questo post l'analisi parte da un confronto ragionato tra l'Inter di Antonio Conte e quella di Simone Inzaghi. Un confronto che va fatto anche in termini "finanziari". Ci concentriamo poi principalmente sulla seconda, perché è questa la realtà su cui ragionare, per l'immediato e per il futuro. La premessa è che Simone Inzaghi sta facendo bene. Anche contro il Liverpool ha preparato e messo in campo la squadra come meglio non si poteva ed è andato vicino al risultato clamoroso, ma l'Inter attuale non ha le stesse possibilità del Liverpool. Costretti a giocare sempre a ritmo altissimo, anziché alternare pressione e gestione con ripartenza, subiamo cali psico atletici e non abbiamo rincalzi dello stesso livello del Liverpool. Dopo questa sconfitta però la squadra (un gruppo eccezionale) deve ritrovare le energie, la qualità e la determinazione per portare a casa uno scudetto che sarebbe un risultato strepitoso: è adesso - a partire dalla partita col Sassuolo, che si deciderà la nostra stagione. La Champions non possiamo vincerla, il campionato sì, ma non dovremo sbagliare più nulla.
Eriksen e gli altri, la mission (possibile) di recuperare condizione atletica e la giusta concentrazione
Si avverte una certa "tensione" nell'ambiente nerazzurro. Gli ultimi due mesi hanno visto un calo sia per quello che riguarda i risultati che la qualità delle prestazioni dei nostri ragazzi e la squadra è adesso reduce da tre pareggi consecutivi, di cui gli ultimi due contro Lecce e Cagliari. In tutti e tre casi siamo passati in vantaggio e siamo stati ripresi negli ultimi quindici minuti. Al netto degli "episodi", c'è un problema di condizione e di "ritmo". Il mister lo ha detto chiaramente, questa squadra per vincere deve dare sempre il 100%. Sarà quindi indispensabile recuperare la giusta condizione fisica e mentale. L'arrivo di nuovi giocatori (ieri è arrivato Eriksen, sicuramente uno dei più forti centrocampisti in circolazione) e il recupero a pieno regime di chi nella prima parte del campionato ha giocato poco o niente (Barella, D'Ambrosio, Sensi + Alexis Sanchez) sono le condizioni per ottenere quel "surplus" in particolare nei due settori chiave di centrocampo e per quello che riguarda gli esterni e dove la "fatica" e il sacrificio richiesti sono maggiori.
Troppi stranieri, anche nelle giovanili?
Ci sono troppi stranieri nelle nostre giovanili? La presenza di calciatori stranieri nel nostro settore giovanile, limita la crescita di quelli italiani? Costituisce un freno per quello che può essere la crescita del movimento calcistico del nostro paese? Sul blog abbiamo già affrontato diverse volte la questione. Qui la riproponiamo con alcune spefiche fondamentali (oltre che una analisi dei fatti per quello che riguarda il nostro campionato e in particolare l'Inter. 1. Il calcio italiano ha una sua identità specifica, unica, straordinaria, che prescinde dal numero di "stranieri" che vi militano. 2. La cosiddetta "contaminazione" non può intaccare una cultura così forte, radicata e efficace. 3. Questa può invece solo costituire un valore aggiunto.



