Quattro indizi decretano la fine di un’era: Inter – Milan 0-1

La maggior parte di noi aveva capito che un'era era terminata almeno dalla sera di Psg - Inter. Tra l’altro le somiglianze con la tragica fine del ciclo dell’Inter di Herrera sono impressionanti. Così come è vero che oggi come allora sarebbero servivi investimenti pesanti su giocatori in grado di capovolgere la deriva, ormai evidente, e di trascinare la squadra verso una ripresa imperiosa. Bisognava prendere giovani che in futuro dessero, sperabilmente, un valore aggiunto. Invece sono stati presi, a un allenatore giovane (bravo, ma che non avendo un curriculum importante, pur di allenare l’Inter, si fa andare bene qualunque situazioni gli si prospetti) giocatori giovani che possano essere eventualmente future “plusvalenze”. Sotto questo aspetto, la differenza su quello che ha invece ottenuto Massimiliano Allegri, è evidente. Se sei al vertice da un po’, hai bisogno di importanti investimenti su giocatori di qualità per restarvi e noi non abbiamo preso vere alternative. Invece Allegri, che è un grande allenatore e che dà alle sue squadre un gran gioco, nel senso di un gioco pratico ed efficace, ha avuto a disposizione una rosa importante: ha preso i giocatori che gli servivano, subito, cedendo anche qualche elemento fortissimo che però era una sorta di mela marcia, che guastava il cestino intero. O non era adeguato alle sue necessità. E ha rivalutato altri che avevano grandi qualità ma non le sfruttavano al massimo perché impiegati in modo sbagliato e forse non sufficientemente responsabilizzati. Chivu si è trovato a gestire una rosa che era stata costruita per un certo tipo di gioco e lo aveva praticato piuttosto bene e che forse nel suo insieme non è funzionale a un cambiamento 'tattico' profondo. Non ha avuto alternative, capaci di fare subito la differenza. A parte questo, contro il Milan, considerazioni sulla qualità e sulla composizione della rosa, come sul sistema di gioco, contano poco: contano di più l’abilità dei due portieri e la scarsa precisione dei nostri (rispetto al loro solito). Questa volta gli errori individuali hanno pesato di più che per quello che riguarda le sconfitte contro l’Udinese e la Juventus. Certo quattro sconfitte (quattro indizi) ci inducono a doverci rassegnare: per un motivo o per l’altro quest’anno non avremo continuità. L’obiettivo sembra proprio restare nelle prime quattro, qualificarci per la prossima Champions League magari con un po’ di anticipo e fare intanto un buon cammino proprio in Coppa per non perdere, oltre che soldi, credibilità internazionale.

Verso un derby pericoloso

La classifica è molto corta e dunque nessun risultato oggi può essere considerato decisivo. Ma il prossimo derby, al di là della classifica, è anche un confronto tra due scuole di pensiero e due modi di intendere il calcio. Chiaramente il confronto non chiarirà nulla sulla questione “teorica”, né chi lo perderà, abdicherà alle proprie idee. La partita non dirà se è meglio il calcio di Allegri o quello di Chivu, ma solo se gli uomini messi in campo dai due tecnici, nelle condizioni di quel giorno, saranno idonei a tradurre al meglio nel confronto reale, le indicazioni di gioco dei loro allenatori. In altre parole se - in quel match - una squadra, con la sua tipologia di gioco, sarà più forte dell'altra. Con tutte le varianti del caso: per esempio un errore arbitrale o una deviazione fortuita che cambiano l'indirizzo del match. Nel contenuto del post, dall’Inter dei due scudetti del dottor Foni negli anni cinquanta fino all’ultima Inter di Inzaghi, si porta avanti un vero e proprio racconto su come nel corso degli anni, la nostra squadra abbia raggiunto i suoi più importanti successi e di come questi siano arrivati sempre dedicando una particolare attenzione alla fase difensiva. Ma pure di come di volta in volta, nel corso degli anni, il gioco del calcio sia cambiato, fino ad arrivare ai giorni nostri, al passato più recente e all’arrivo all’Inter di Simone Inzaghi, che forse ha ottenuto qualche risultato in meno rispetto a quelli teoricamente possibili, ma che ha saputo coniugare risultati e spettacolo. Il calcio di oggi è cambiato radicalmente e certi parametri di lettura sono superati. Non esiste squadra che quando deve difendersi da un attacco manovrato e avvolgente non porti tutti gli uomini sotto la linea della palla o comunque nella propria metà campo. Non esiste squadra che quando porta un attacco manovrato non sposti la linea difensiva all'altezza della linea mediana. La squadra deve essere sempre corta: questo è l'imperativo. Ma la squadra corta può comportare anche che siano più uomini, rispetto alla divisione dei ruoli del passato, a trasformarsi provvisoriamente in attaccanti. Che Inter vedremo nel derby? Il mister ha ricostruito moralmente la squadra e sta cercando di apportare le sue varianti rispetto a quello che era il gioco di Inzaghi. Punta ad arricchire gli schemi offensivi e incrementare la verticalizzazione. Sul primo punto il mancato arrivo di Lookman lo ha costretto a rivedere i suoi piani; per quello che riguarda l’altro aspetto è necessario pressare alti, stroncare sul nascere i tentativi di ripartenza, provocare errori letali dei difensori avversari o comunque tenerli sempre sotto pressione. Tutte soluzioni che hanno dei pro e dei contro e che rendono necessario trovare stabilmente un “equilibrio”, unitamente a un rafforzamento della capacità difensiva quando siamo sotto assedio. Sono questi i punti principali su cui si concentra il suo lavoro e gli aspetti che ci riguardano in vista del prossimo, pericoloso, derby di domenica sera.

Comunque finisca, abbiamo una grande squadra: Union Saint-Gilloise – Inter 0-4

Abbiamo una grande squadra. Considerando gli ultimi sei anni, da quando, nell’estate del 2019, venne nominato direttore Beppe Marotta, che chiamo alla guida della squadra Antonio Conte, siamo stati una grande squadra, anche quando non abbiamo vinto. E ci sono tutte le speranze legittime per continuare ad esserlo anche quest’anno. Giochiamo quasi sempre molto bene, andiamo in fondo pressoché a tutte le competizioni, anche a quelle internazionali più importanti… Nessuna squadra italiana ci avvicina, ad oggi, come continuità di vittorie e piazzamenti ma anche come qualità del gioco espresso e come incremento di prestigio. Contro il Saint-Gilloise abbiamo disputato una grande partita, contro avversari non eccelsi tecnicamente, ma di buon livello complessivo: avevano preso una sonora scoppola contro il Newcastle, ma erano andati a vincere 3-1 in Olanda col PSV. Noi non siamo entrati in campo con l'atteggiamento giusto e questo non ci ha consentito di mantenere le distanze adeguate tra i reparti, oltre a renderci un po' rilassati nelle marcature, ma i pericoli corsi, davvero notevoli, hanno determinato la correzione, psicologica e tattica. Le distanze tra le linee sono diminuite, la squadra ha alzato il baricentro senza scoprirsi in modo avventuroso, ha cominciato a spostarsi in avanti ma restando compatta e a pressare alta, avversari sicuramente un po' meno brillanti per tecnica. A quel punto la nostra superiorità di palleggio, il movimento degli attaccanti a creare spazi e di conseguenza la possibilità di verticalizzare, ha fatto la differenza. Tra i migliori in campo, Sommer, Bastoni, Dumfries, Calhanoglu, Zieinski, Pio Esposito e soprattutto Lautaro Martinez. Se non si guardano solo i colpi di tacco e i tunnel, è in modo molto credibile candidato al pallone d’oro.

Da Trento – Inter U23 alla presentazione del nuovo anno

La giornata di ieri ha dato il via alla nuova stazione nerazzurra con la conferenza stampa del presidente Beppe Marotta e del nuovo allenatore Cristian Chivu. Tra i passaggi più importanti, quello in cui il mister ha parlato o meglio non ha voluto parlare di “numeri”, sottolineando come il calcio sia un gioco di movimento. Nell’arco di una partita sono più frequenti le situazioni in cui i teorici “numeri” iniziali non vengono rispettati o vengono addirittura stravolti. Decisivi sempre sono gli interscambi, i movimenti, la loro tempestività e sincronia e la capacità e l'attitudine dei giocatori a compiere i movimenti (oltre alle giocate, naturalmente) che vengono loro richiesti. Il mister ha enunciato poi tre elementi fondamentali del suo calcio, tre caratteristiche che vanno al di là delle “formule”: aggressività, verticalità, equilibrio. Nella stessa giornata, intanto, c’è stata la prima uscita, in gara amichevole, della neonata Inter U23 (la denominazione ufficiale della squadra è: Football Club Internazionale Milano U23). La partita, disputata contro il Trento, è finita con il risultato di 2-2. Sono andati a segno Topalovic e Fontanarosa. La cosa interessante nel merito è che a quanto pare l’U23 avrebbe adottato un sistema di gioco che potrebbe essere simile a quello che Cristian Chivu applicherà con la prima squadra. La cosa avrebbe un senso, visto che, se durante la stagione si dovrà integrare temporaneamente, anche solo per la panca, la rosa di prima squadra, è molto verosimile che si attinga proprio dall'Under 23 e non dalla Primavera. Stefano Vecchi ha infatti inizialmente schierato l’Inter con un 3-4-2-1. Nel secondo tempo invece, con l’ingresso di Di Maggio per un attaccante, è passato a un 3-5-2 di “inzaghiana memoria”. Dovrebbero essere i due moduli su cui dovrebbe lavorare Chivu. La costante sarebbe una: tre difensori centrali. Mentre centrocampo e attacco possono variare. Sono considerazioni e valutazioni fatte partendo anche dal lavoro, ottimo, che entrambi gli allenatori hanno fatto alla guida della nostra Primavera. Peraltro entrambi vincendo il campionato. L’esordio dell’U23 è anche il punto di partenza per esprimere prime considerazioni su questo nuovo progetto e sulle prospettive societarie per quello che riguarda le squadre giovanili e la valorizzazione dei giovani prospetti.

Una piccola impresa… meridionale: Manchester City – Inter 0-0

L’arrivo di Steven Zhang, di Antonio Conte, di Beppe Marotta e poi di Simone Inzaghi hanno trasformato l’Inter in qualche cosa di grande che va anche oltre i meri calcoli economici. Siamo forti anche a livello europeo, ormai è assodato, e siamo andati a Manchester a giocare una partita importante contro una delle squadre più forti nel panorama calcistico internazionale e che ha uno strapotere sul piano finanziario e economico con una disponibilità di spesa (dovuta a introiti diversi, senza considerare tuttavia anche le numerose infrazioni finanziarie, 115 per l’esattezza, per le quali sono sotto processo) che è spropositata rispetto alla nostra. Sta di fatto che il peso della Champions si farà sentire in campionato e del resto è vero che quando siamo andati in finale, abbiamo lasciato punti in campionato e allo stesso modo, quando abbiamo stravinto la Serie A lo scorso anno, siamo usciti, sia pure ai rigori, troppo presto dalla competizione europea. In discussione non è la nostra forza, ma la capacità del gruppo di reggere al top in entrambe le competizioni, che tra l'altro hanno visto aumentare numero di gare e il livello di competitività delle avversarie. Per venire alle giovanili, la nostra Primavera ha ottenuto in Youth League una vittoria netta: i nostri ragazzi hanno battuto il City fuori casa con il risultato di quattro reti a due (doppietta di Berenbruch, Lavelli Alexiou) prendendo peraltro due goal con dei nostri errori (“degli autentici regali”) e non per delle azioni efficaci imbastite dagli avversari. L’Under 17 invece batte i pari età del Brescia per sei reti ad uno. Si vede la mano di Handanovic e la partita dei ragazzi è stata veramente entusiasmante. Forse con Handa si apre una stagione nuova per il nostro settore giovanile (ovviamente qui non si vuole esagerare, né essere precipitosi): il mister ha scelto quasi tutti uomini agili, rapidi e tecnici e ha chiesto loro di giocare sempre la palla, anche in difesa e anche se marcati, e ha imposto di giocare la palla a terra, di prima o massimo a due tocchi… Movimento continuo e apertura di spazi erano la conseguenza. Sono venuti sei goal e altri sono stati sbagliati di un niente. Gli uomini non saranno forse forti come quelli della cantera catalana, ma sembrava proprio di veder giocare una squadra blaugrana.

De rebus interistis

De rebus interistis. Il campionato è fermo, il mercato si è concluso (anche se inizia già la telenovela dei giocatori che "seguiamo", una brutta espressione che nel 99% dei casi significa: "Non prenderemo") e per quanto riguarda le giovanili solo Under 20 e Under 17 (nel post il report della prima gara stagionale) hanno iniziato la stagione. Il post fa il punto della situazione dopo tre giornate dall'inizio del campionato e su delle questioni in particolare come le scelte di Luciano Spalletti per quello che riguarda le convocazioni per le sfide della nazionale, il mondiale per club (in particolare la questione riguardante i giocatori in scadenza di contratto il 30 luglio, visto che si giocherà fino al 15 luglio), la posizione di Correa (non inserito nella lista per la Champions League) e gli ultimi due nuovi arrivati nelle giovanili, Putsen e Kartelo. Il cuore del post tuttavia prende spunto da una riflessione: "L'Inter è ancora la più forte, nettamente, o è stata avvicinata, forse raggiunta?" Per rispondere bisogna fare il punto su quella che è la nostra situazione, dopo la fine del calciomercato ("La società ha rafforzato l'organico, non l'undici titolare") e consapevoli che subito dopo la sosta avremo la trasferta di Monza, la partita col City e il derby, sfide che ci daranno qualche indicazione in più, ma ancora nessuna certezza, perché saranno comunque state giocate solo sei partite sulle settanta auspicabili d è impossibile dire così presto che chi ha fatto bene (o male) in una frazione d'annata lo farà per tutta la stagione. Cosa che ovviamente vale anche per le rivali. Sulle quali, dal Milan al Napoli dall'Atalanta alla Roma, ci si concentra in particolare sulla Juventus di Thiago Motta, allenatore che si è imposto cambiando tre quarti di squadra ("La Juventus si è modernizzata"). Più forte l'Inter o più forte la Juventus? Più forte l'attacco dell'Inter o più forte l'attacco della Juventus? Gli argomenti di discussione non mancano.

Un’estate tra polemiche, “ansie” di mercato e prime verifiche sul campo

Il primo punto di questo post è chiudere o provare a chiudere una volta per tutte le polemiche sulla proprietà uscente che ha ricostruito l'Inter tra mille difficoltà con tanti investimenti, quando ha potuto, e soprattutto formando un gruppo dirigente di assoluto livello sul piano professionale a tutti i livelli. Proprio la capacità di costruire un gruppo dirigente è del resto il segno della bravura di una proprietà. Capitolo due: il mercato. Detto che un paio di colpi che già si stanno rivelando di ottimo livello (Taremi e Zielinski) sono già stati messi a segno da tempo, c'è adesso un'impressione di stasi che desta qualche inquietudine. Ci sono difficoltà nel reperire le ultime pedine occorrenti, mentre le rivali (Juventus e Napoli in testa) non stanno certo a guardare e portano avanti il loro impegno nel cercare di rafforzarsi e prendersi una rivincita importante e clamorosa nei nostri confronti. Le questioni fondamentali che tengono banco sono quello della quarta punta (servirebbe al di là di tutto una batteria di attaccanti completa tecnicamente e tatticamente) e quella del braccetto di sinistra in difesa, ma qualche "problemino" nel reparto arretrato c'è anche per l'età dei due centrali e di Darmian, che costituiscono elementi chiave del nostro pacchetto arretrato. Sul campo intanto la squadra ha dato ottimi segnali nell'amichevole con il Las Palmas, dove è apparsa molto migliorata rispetto a quanto visto contro la Pergolettese. Siamo partiti bene, poi abbiamo avuto una piccola fase di rallentamento, ma con l'ingresso in campo di numerosi reduci dagli impegni con le nazionali abbiamo mantenuto tranquillamente il controllo della situazione. Poi abbiamo colpito con la qualità della nostra azione con un gran goal di Federico Dimarco. Note positive: Bisseck e Fontanarosa, la grandissima prestazione di Zielinski, il gran goal di Dimarco, ancora una volta Taremi e ovviamente Mkhitaryan, giocatore che è sempre presente dove serve ed è sempre strepitosamente lucido nelle giocate. Non ci sono più parole per descriverlo.

Dall’inquietudine a un cauto ottimismo

Nell'ultimo periodo sono successe un sacco di cose. Siamo passati dalla felicità per uno scudetto conquistato stra-dominando e che va trasformandosi adesso in un piacevolissimo ricordo (come è naturale) alla grande inquietudine per il futuro della squadra e adesso a un sentimento di attesa vigile ma fiduciosa. L'avvenimento fondamentale, in questo breve lasso di tempo è stato il definitivo passaggio di proprietà dalla famiglia Zhang al fondo di investimenti americano Oaktree. Oggi conosciamo qualcosa di più della nuova proprietà, delle intenzioni dichiarate e persino di qualche loro atto concreto: hanno espresso parole rassicuranti e dichiarato di non avere intenzione di cedere la società almeno per qualche tempo e poi di volerla risanare finanziarmente continuando nel contempo l'opera di rafforzamento tecnico in corso da anni. Un discorso ambizioso non facile da tramute in comportamenti virtuosi ed efficaci su entrambi i fronti e che lascia alcuni dubbi sulla possibilità di tenere uniti gli obiettivi nel tempo. Certo è che se Oaktree fa investimenti per poi rivendere, lucrando proprio sull'aumento del valore di impresa, dovrà considerare che è necessario che la competitività della squadra resti e anzi aumenti e questa è in un certo senso l'assicurazione che abbiamo noi tifosi: l'obiettivo di restare ai vertici sportivi è imprescindibile anche finanziariamente, perché in una situazione contraria perderemmo i soldi delle coppe internazionali, degli sponsor  e anche dei proventi da stadio e da riprese televisive. Il post si dedica a quelle che sono e che sembra saranno le scelte societarie, facendo ovviamente il punto poi sul piano tecnico e sugli impegni futuri e su quali scenari si prospettano dal punto di vista del calciomercato. Non manca come sempre un occhio alle nostre selezioni giovanili.

Con il codice 2.4: “Pazzo di te” di Zhang-Marotta-Inzaghi

Per il sessantaquattresimo Festival di Sanremo, il nostro voto va a "Pazzo di te". Solo che non si tratta della canzone di Renga e Nek, ma del nostro amore per questa straordinaria Inter, costruita da Zhang, Marotta e Inzaghi, che sabato pomeriggio ha battuto quattro a due la Roma in trasferta dopo una partita difficile (nel primo tempo eravamo inguardabile) e dove su tutti per noi ha spiccato il maestro d'orchestra Henrikh Mkhitaryan. Il cambio di allenatore ha dato al gruppo romanista le motivazioni giuste, come si era visto anche nelle gare precedenti. De Rossi ha riportato tutti i giocatori al top e ha evidentemente migliorato anche l'assetto tattico. La Roma ha cominciato subito aggressiva e ha mantenuto per i primi quarantacinque di gioco un ritmo straordinario, mettendoci sotto e, sebbene noi fossimo andati in vantaggio con una rete abbastanza casuale (goal di testa di Acerbi sugli sviluppi di un calcio d'angolo con tanto di spizzata sbagliata proprio dall'ex Lukaku), hanno chiuso il primo tempo in vantaggio. Nel secondo tempo siamo riusciti invece a imporre il nostro gioco e la Roma non è riuscita a impedircelo. Sicuramente questo è dovuto agli accorgimenti di Inzaghi, ad esempio nel tenere gli esterni più alti, ampliando così lo spazio a disposizione per attaccare, ma dobbiamo anche considerare il fatto che per la Roma fosse impossibile mantenere per tutta la gara lo stesso ritmo che nei primi quarantacinque minuti di gioco. L'abbiamo sbloccata dopo quattro minuti e abbiamo poi oggettivamente dominato tutta la seconda frazione di gioco con venticinque minuti di calcio veramente di alto livello. Una grande dimostrazione di forza e di qualità della squadra quindi, che ha saputo rovesciare una situazione, in termini di risultato ma anceh di gioco, che si stava facendo preoccupante. I numeri sono oggettivamente sorprendenti. Siamo primi dopo 23 partite con 60 punti su 69 disponibili; 55 goal fatti (una ventina circa in più della seconda in classifica); 12 goal subiti; sei punti su sei contro Roma e Fiorentina, tre su tre contro Milan, Napoli, Lazio e Atalanta, quattro su sei contro la Juventus...

La notte delle verità: Inter – juve 1-0

La bellissima notte di San Siro ha reso evidenti verità difficilmente innegabili. L'Inter dispone al momento della dirigenza migliore d'Italia; Simone Inzaghi e il suo staff sono ormai di livello internazionale; i titolari, al top della condizione possono giocarsela con chiunque; la rosa è molto ampia e in alcuni casi le seconde linee, seconde linee non sono (ovvio che alcuni titolari siano comunque imprescindibili); la squadra sta disputando una stagione che, comunque si concluda, ha acceso l'entusiasmo di tifosi ed appassionati con una continuità di risultati e di prestazioni incredibili, al settimo mese di partite tutte fondamentali; il pubblico interista è il più entusiasta e il più fedele d'Italia e ha pochi rivali in Europa. Nel post il racconto della partita, che ha giustamente sottolineato il nostro valore assoluto, anche perché l'avversario che avevamo di fronte, la Juventus, è tutto fuorché una "squadraccia". Se una "squadraccia" infatti ci sta ancora attaccata dopo il percorso incredibile che stiamo facendo, questo significa svilire tutto quello che abbiamo mostrato finora. La partita di domenica ci ha visto prevalere contro una squadra forte, che gioca benissimo e dove per benissimo si intende "nel modo più idoneo a sfruttare al meglio le caratteristiche di cui dispone". Il loro gioco è efficace, del resto sono ancora lì a giocarsela; il nostro è più effervescente e piacevole e abbiamo dimostrato di essere più completi nel mix di classe e fisicità, ma è chiaro che non possiamo concederci nelle prossime partite cali di intensità e di concentrazione... Sugli scudi, su tutti, Benjamin Pavard, autore di una prestazione strepitosa, in entrambe le fasi; Calhanoglu, semplicemente spettacolo, sia in fase di contrasto sia nella costruzione e direzione del gioco, sia per intelligenza tattica; Mkhitaryan, solito mostro di intelligenza calcistica, da questo punto di vista sui livelli di un grandissimo della nostra storia come Esteban Cambiasso. Parliamo anche dell'Under 18 che vince 2-0 con il Lecce a Interello con le reti di Mazzola e di Lavelli, un "vero crack", prima punta dotata di potenza, scatto e elevazione e che vede la porta come pochi. Bene Zanchetta, la sua squadra ottiene risultati e gioca bene, nonostante gli mancassero almeno cinque titolari.